Acufene

Se ti fischia un orecchio è male,
ma se ti applaude è peggio.Patroni G.

Viene definito acufene (tinnitus in latino e inglese) quel sintomo uditivo costituito da rumori che, sotto forma di fischi, ronzii, brusii, fruscii, tintinnii, crepitii, soffi, sibili, pulsazioni ecc., vengono percepiti in un orecchio, in entrambi o nella testa, e che possono interferire con il sonno, l’umore, la concentrazione e le normali attività quotidiane di chi ne soffre.
L’esperienza percettiva è soggettiva. Solo una piccola percentuale di persone considera questo sintomo come assillante, disturbante e con importanti implicazioni sulla qualità della propria vita.

L’acufene può essere definito anche come “una percezione acustica disorganizzata e non realmente prodotta da alcuna sorgente sonora interna o esterna al corpo“. Tale definizione permette di distinguere l’acufene dalle allucinazioni uditive e dai rumori generati fisiologicamente per effetto di varie condizioni patologiche.

Il “suono fantasma” può essere percepito come proveniente dall’ambiente circostante. Sensazioni uditive fastidiose e persistenti possono essere avvertite anche da chi lavora o ha lavorato in contesti in cui sono costantemente presenti suoni aventi particolari frequenze.

Il primo intervento è di tipo medico ed è volto ad escludere patologie e traumi organici. Trattandosi di un sintomo complesso e con una genesi di tipo multifattoriale, l’approccio terapeutico è articolato e deve considerare tutte le variabili coinvolte nella costruzione e nella persistenza del problema.

Testimonianza:
“Non so quando sia iniziato il fastidio, non ci ho fatto caso o avrò pensato che fosse transitorio. Poi è diventato insistente, una continua interferenza… è come se ci fosse una radio accesa non sintonizzata su un canale preciso, che quindi emette un brusio incomprensibile. Di notte è ancora peggio, perchè mi agito e combatto contro zanzare inesistenti che sembrano girare costantemente attorno alle mie orecchie, impedendomi di prendere sonno.
Il ronzio non mi lascia mai, per concentrarmi devo sforzarmi perchè non riesco a non sentirlo, a tenerlo sullo sfondo.
Sono davvero molto stanca, a volte credo che impazzirò perchè è logorante… mi verrà un esaurimento nervoso. E’ come una tortura.
Gli altri non capiscono, quando parlo del mio problema dicono che è solo un piccolo fastidio, che i veri problemi nella vita sono altri, che ingigantisco le cose, che devo ignorarlo e sforzarmi di pensare ad altro. Fosse facile! Io ci provo a non farci caso, ma non ci riesco, torno sempre lì… e visto che non riesco a dormire bene, sono debole ed irritabile. Devo risolvere questo problema perchè non mi riconosco più, perchè questi brusii fastidiosi non sono normali, non dovrebbero esserci.
Ho provato a tenere la televisione accesa per coprire il rumore, ascolto la musica con i suoni della natura, dicono che faccia bene… ma il fatto di essere costretta ad ascoltare musica e suoni che non voglio sentire mi rende ancora più triste e frustrata.
Il mio dottore dice che non c’è nulla da fare. Sarà così tutta la vita? Peggiorerà? Non potrò più godere del silenzio? Voglio tornare come prima!”

 

Quali strategie disfunzionali alimentano il problema?

L’acufene può aumentare i livelli di stress e la tensione psicofisica provocando nella persona dei pensieri automatici di ineluttabilità e ansia (“Diventerà sempre più forte… diventerò sordo”, “Deve essere il sintomo di una grave malattia”, “Non ce la faccio più, il rumore è continuo ed assordante, impazzirò”…), irritabilità, difficoltà di concentrazione, depressione (“Non si può curare”, “La mia vita non sarà più come prima”, “Non potrò più rilassarmi e godere del silenzio”…), disturbi del sonno, somatizzazioni, che a loro volta contribuiscono al mantenimento del problema, in un circolo vizioso.

Nel tentativo di controllare e di “risolvere” il rumore, la persona può mettere in atto delle strategie disfunzionali che amplificano e aggravano il sintomo. Tali tentativi fallimentari sono:

(1) Ricerca e ascolto costante e “stereofonico” dell’acufene

La persona verifica compulsivamente la presenza o l’assenza del sintomo, focalizzando l’attenzione sulle proprie percezioni acustiche.
Effetto: “Chi cerca, trova… e sente sempre di più”: l’acufene si amplifica o diminuisce in base all’attenzione che gli viene prestata.

(2) Tentativo volontario di combattere l’acufene

La persona combatte l’acufene cercando di non pensarci o di non ascoltare il rumore.
Effetto: cercare di non pensare a qualcosa significa doverci pensare per non pensarci, quindi pensare due volte. Allo stesso modo, cercare di non farci caso porta sistematicamente l’attenzione della persona proprio su ciò che vorrebbe evitare di sentire.

(3) Evitamenti e mascheramento del rumore

La persona può provare a:
a. mascherare e coprire l’acufene con rumori o suoni più forti.
Effetto: il malessere si approfondisce e la fissazione diventa sempre più “ingombrante”;

b. evitare le situazioni che possono intensificare le sensazioni uditive fastidiose ed innescare il combattimento del sintomo.
Effetto: mentre gli evitamenti aumentano e si generalizzano, la vita della persona si “restringe”. L’evitamento alimenta il senso di impotenza, di incapacità e di mancanza di controllo;

c. sforzarsi di ricercare il silenzio “perso e anelato”.
Effetto: anche la ricerca del silenzio orienta l’attenzione sulla percezione acustica, amplificando il sintomo.

(4) Controlli e visite mediche

Se in un primo momento le visite mediche sono importanti per escludere la componente organica, successivamente possono aumentare il malessere per diversi motivi:
– il medico può comunicare al soggetto che l’acufene è irrisolvibile, che dovrà rassegnarsi e conviverci per sempre. Questa comunicazione può risuonare come una specie di condanna e portare allo sviluppo di sintomi depressivi e di pensieri ossessivi;
– pur non esistendo una terapia farmacologica elettiva e valida per la cura dell’acufene, il soggetto può assumere comunque farmaci ed essere esposto ai loro potenziali effetti collaterali;
– si può scatenare una ricerca ossessiva di informazioni sull’acufene, di visite e di esami medici.

(5) Parlare del problema

La persona parla del proprio problema per sfogarsi o per cercare di capire se il rumore percepito sia reale oppure no (“Lo senti anche tu un fischio fastidioso?”).
Effetto: “tutto ciò di cui si parla, esiste”. Più la persona dedica del tempo al problema, parlandone, più se ne convince e lo amplifica, aumentando la frustrazione ed il disagio. Le altre persone difficilmente capiscono quanto questo sintomo possa causare un disagio clinicamente significativo, minimizzano e lo banalizzano, creando nel soggetto una sensazione di solitudine, di incomprensione, di “anormalità”.

La Terapia Breve Strategica, attraverso dei protocolli specifici di trattamento, è in grado di intervenire su questa problematica eliminando l’acufene o aiutando la persona a portarselo dietro, trasformandolo in un rumore di fondo, neutro e poco significativo da un punto di vista percettivo, cognitivo ed emotivo.

P.s. Come suggerisce Zerocalcare nella striscia sottostante, e se l’acufene fosse una sorta di scudo e servisse a proteggerci dall’inquinamento acustico del mondo? Aggiungo: e se l’acufene ci mettesse in contatto con il rumore che il nostro corpo genera internamente mentre vive? Se servisse a ricordarci che siamo vivi?! … se cambi il modo di guardare le cose, le cose che guardi cambiano!

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