Disturbo di Panico

panico, ansia, attacchi di panico

Non esiste il coraggio in natura.
In natura esiste la paura.
Per questo è più facile avere paura che avere coraggio;
la paura viene da sé, non occorre andarla a cercare. V. G. Rossi

Il panico viene spesso definito come la forma più estrema della paura.

«Immaginate di essere soli, tranquilli, alla fermata dell’autobus. Di colpo, come l’imboscata di un acerrimo nemico, sentite la vostra mente sfuggirvi. Il cuore impazzito scalpita come uno stallone al galoppo. La gola riempita dall’aria come dalla piena di un fiume, soffoca. La testa come sul ciglio di un burrone oscilla di vertigine, immagini e suoni si mischiano e si confondono. La paura dilaga in voi come lava da un vulcano, vi avvolge, vi strangola, più cercate di allentare il cappio e più vi stringe e vi costringe, provate a controllarla ma è lei che controlla voi. Volete fuggire ma non si può fuggire da se stessi, dalle proprie sensazioni. State impazzendo, o forse è giunta la vostra ora. 〈…〉
Benvenuti nel mondo del panico. Da adesso la paura di questo nemico dentro di voi vi accompagnerà come un’ombra sinistra, più cercherete di cancellarla più vi ci perderete dentro»

(G. Nardone, da “Non c’è notte che non veda il giorno”).

Gli attacchi di panico si sviluppano improvvisamente e sono caratterizzati da un periodo limitato di intensa paura o di disagio. I sintomi fisici includono palpitazioni, tremori, sensazione di soffocamento, nausea, sensazione di stretta o di nodo alla gola, dolore o fastidio al petto, sensazione di svenimento o di testa leggera, parestesie (formicolio).
In genere l’attacco di panico comporta depersonalizzazione – cioè l’impressione di essere estraneo al proprio corpo – e derealizzazione, ovvero la sensazione che il mondo sia irreale.
Un attacco di panico raggiunge il picco di massima intensità nell’arco di circa 10 minuti ed è spesso accompagnato da un senso di pericolo, di catastrofe, di morte imminente, dalla paura di perdere il controllo, di impazzire o di fare cose vergognose, dal timore di avere un infarto cardiaco o un ictus.

Tale problema, oltre che una patologia a se stante, può essere un sintomo ed associarsi ad altre patologie.

Quali strategie alimentano il problema?

L’esperienza del panico porta la persona a mettere in atto delle strategie che, piuttosto che risolvere il problema, lo mantengono e lo incrementano, creando un circolo vizioso patogeno.
Tra i principali tentativi di soluzione (disfunzionali) troviamo:

– il controllo volontario della paura e delle sue manifestazioni organiche. La persona ascolta continuamente i segnali provenienti dal proprio corpo e cerca, prima e durante l’attacco, di controllare e di sedare le proprie reazioni fisiologiche (battito cardiaco, ritmo respiratorio, equilibrio, ecc.), con l’effetto paradossale di alterarle ulteriormente. Il tentativo di controllo porta alla perdita di controllo: più si cerca di scacciare la paura, più essa aumenta.
– L‘evitamento di situazioni percepite come pericolose. L’evitamento è inizialmente rassicurante, ma reiterato nel tempo conferma la pericolosità della condizione evitata (preparando ulteriori evitamenti) e l’inadeguatezza dell’individuo ad affrontarla, fino a condurlo alla più completa incapacità di fronteggiare qualsiasi situazione. Il disturbo dilaga e diventa sempre più pervasivo.
– La richiesta d’aiuto e di rassicurazioni, ovvero la tendenza ad essere accompagnati e confortati da qualcuno che possa intervenire in caso di malessere. Chiedere e ricevere aiuto conferma alla persona il proprio stato di malattia e l’incapacità di affrontare da sola le situazioni temute.

Altre possibili tentate soluzioni fallimentari sono:
– L’assunzione di psicofarmaci per ridurre o prevenire il sintomo ansioso. Al pari della richiesta di aiuto, anche i farmaci confermano all’individuo la propria incapacità di risolvere il problema, diventando così una sorta di “stampella chimica che aiuta a zoppicare meglio“.
Socializzare il problema con gli altri. Parlare della propria paura è come annaffiare una pianta con un fertilizzante speciale: più se ne parla, più la si alimenta, facendola crescere a dismisura.
Prendere precauzioni, cioè mettere in atto dei comportamenti diretti ad evitare un possibile pericolo (ad es. portare con sé i farmaci, tenere abbassato il finestrino della macchina, avere nella borsa una bottiglietta d’acqua o delle caramelle alla liquirizia, al cinema sedersi in un posto esterno o vicino all’uscita…). Se da un lato le precauzioni rassicurano e permettono al soggetto di affrontare alcune situazioni, dall’altro gli confermano la presenza di un problema e la pericolosità del contesto.

L’obiettivo della Psicoterapia Breve Strategica è quello di guidare la persona ad interrompere le sue strategie fallimentari, sostituendole con modalità più funzionali. La persona impara a guardare in faccia la propria paura per trasformarla in coraggio e dominarla.

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